Non so quanti fedeli ricordano ancora che la Chiesa da molti secoli ha fissato
cinque precetti che hanno come fine quello di garantire il “minimo
indispensabile nello spirito di preghiera e nell'impegno morale, nella crescita
dell’amore di Dio e del prossimo”. Il secondo di questi precetti recita così.
“Confesserai i tuoi peccati almeno una volta all'anno”, mentre il terzo
afferma: “Riceverai umilmente i tuo Creatore almeno a Pasqua”. Che fare in
questa Pasqua vissuta all'insegna dell’emergenza?
Per quanto riguarda l’Eucaristia, il Papa e i vescovi più volte ci hanno
invitato a utilizzare, durante la Messa che seguiamo alla televisione o
attraverso Facebook, la cosiddetta “comunione spirituale”, pratica antica,
autorevolmente confermata dal Concilio di Trento, che consiste in un
“desiderio ardente di ricevere Gesù sacramentato e in un abbraccio amoroso
come già fosse ricevuto”.
Forse qualche parola in più dobbiamo spenderla per la Confessione. Scrive il
vicario generale della nostra diocesi: “Poiché si verificherà l’impossibilità di
celebrare il sacramento della penitenza, per la ragionevole e responsabile
prudenza legata all'emergenza sanitaria, si ricordi quanto la Chiesa insegna:
quando si è sinceramente pentiti dei propri peccati, ci si propone con gioia di
camminare nuovamente nel Vangelo e, per un’impossibilità fisica o morale,
non ci si può confessare e ricevere l’assoluzione, si è già realmente e
pienamente riconciliati con il Signore e con la Chiesa Pertanto, a misura della
sincerità del pentimento e del proponimento, nell'intimità con il Signore si
faccia un atto di profonda contrizione e si scelga un gesto di penitenza che in
qualche modo ripari al male commesso e rafforzi la volontà di servire il
Signore. Non appena venga meno quell'impossibilità, si cerchi comunque un
confessore per la confessione e l’assoluzione. L’impossibilità di celebrare il
sacramento non impedisce alla misericordia infinita di Dio di raggiungere,
perdonare, salvare ogni suo figlio, ogni sua figlia“.
Don Marco